La luce del sole era ormai quasi del tutto sparita e mentre camminava Giacomo non riusciva a smettere di pensare che forse avrebbe dovuto togliersi gli occhiali da sole: in generale, non era uno di quelli “popolari”, conosciuti da tutti a scuola e fuori, di quelli che sapevano come comportarsi o anche solo come vestirsi per trasmettere subito il messaggio “ehi, io sono un figo, non uno sfigato come te”, tendeva ad avere pochi “amici” - qual era poi la definizione di “amico”? - e a vedere sempre le stesse persone. Insomma, non sapeva come gestire i nuovi incontri, ma ci provava, e parecchio, selezionando ad esempio in maniera inaspettatamente quasi maniacale i vestiti da mettersi. In questo caso aveva deciso per qualcosa di molto semplice anche se assolutamente selezionato: dei pantaloncini khaki lunghi fino quasi al ginocchio di tessuto spesso sulle scarpe da tennis solite, una maglietta nera Levi’s che era una di quelle (poche) che considerava “magliette buone”, da mettere quando usciva con gli amici di sera o per impressionare una tipa, e appunto gli occhiali da sole Ray-Ban in versione “imitazione ufficiale per bancarella”, che essendo una delle parti integranti del “non sono uno sfigato” outfit non voleva cedere a piazzare nello zaino (contenente quasi solo una giacca dell’Esselunga che avrebbe preferito non mostrare a nessuno) ma che allo stesso tempo stavano diventando fastidiosi nonché ridicoli visto che erano quasi le otto di sera dell’ultimo giorno di Luglio e il sole che lo aveva fatto sudare come un animale dentro i due vecchissimi e lentissimi autobus che aveva preso per arrivare fino a lì stava per farsi da parte, cambiando improvvisamente i colori di tutto quello che Giacomo aveva intorno. Il verde brillante degli alberi alti ai lati della strada stava infatti scomparendo, e con esso scomparivano gli alberi stessi, rivelando quanto essi fossero in realtà una minoranza rispetto al monocolore rosso cupo che ricopriva tabaccherie, piccoli negozi e palazzine, e che rendeva ora inequivocabilmente chiaro come Giacomo si trovasse in mezzo ad un piccolo paese di campagna dove mai nessuno si sarebbe aspettato di trovare un cazzo di super hacker esperto di sviluppo di videogiochi. Ma era troppo tardi per ripensarci, per cedere al “fanculo ma che cazzo ci faccio qui con questo perdo solo del tempo me ne vado”, visto che aveva ormai svoltato nella strada laterale che faceva angolo con la via principale - quella con la tabaccheria e i negozi di alimentari su cui lo aveva portato l’autobus - ed era ormai arrivato all’indirizzo di questo famigerato “Void”.
La palazzina era, come quasi tutte le altre, bassa e rossomarrone, con quattro etichette e campanelli all’entrata. Giacomo suonò quello che Void gli aveva detto tramite messaggio, dopo pochissimo tempo si iniziò a sentire il rumore di fondo del citofono, segno che qualcuno era in casa e aveva risposto, ma non uscì nessuna parola. Giacomo aspettò per uno, due, tre, quattro secondi e poi decise di partire lui con un “sono Jack” e subito dopo sentì la porta aprirsi e una voce disturbatissima dire “primo piano a destra”. L’interno della palazzina era male illuminato, a Giacomo sembrava uguale a quello della casa della nonna Giorgia, con le stesse piante su ogni pianerottolo, e lo stesso odore di polvere. Non fece in tempo ad arrivare veramente davanti alla porta che Void gli aveva aperto dicendo “sono di là” e già si stava avviando in fondo al corridoio: Giacomo si era immaginato una scena con stretta di mano o che-ne-so che ovviamente non sarebbe accaduta, ma procedette comunque, prima di entrare, con un <<piacere, Giacomo!>> mentre si toglieva gli occhiali. Questo sembrò cogliere quasi di sorpresa Void che si fermò, si girò, e rispose con un <<piacere, Void.>>.
Ora, Void - Giacomo in quel momento capì che probabilmente non avrebbe mai scoperto il vero nome di ‘sto tipo - era esattamente il contrario di come Giacomo se lo era immaginato, ma come se lo era immaginato Giacomo? Beh, non si era immaginato nulla di preciso, ma l’unica cosa che si aspettava erano uno o più forti segni distintivi, tipo: dei capelli lunghissimi neri, o rosa, una testa gigante rasata a zero, una cresta altissima fatta col gel, forse verde, ma anche non verde, un tatuaggio in faccia, un tatuaggio sul braccio, dei piercing, o almeno una cicatrice! O delle borchie su un giubbotto di pelle, no vabbè questo forse no forse una felpa nera con il cappuccio a nascondere gran parte del volto, o degli orecchini ad anello giganti, perlomeno una barba a cespuglio, una maglietta fosforescente con dei numeri, insomma si aspettava qualcosa che attirasse l’attenzione, una di quelle robe che fanno voltare le vecchiette quando vai alla Coop, uno di quei simboli universali che significano Fanculo. Al. Mondo™, e invece nulla, Void era inaspettatamente, perfettamente anonimo, aveva dei capelli arruffati rosso scuro né corti né lunghi, una faccia simmetrica con degli occhi scuri molto giovanile, era parecchio magro e indossava una maglia a mezze maniche simil canottiera bianca, dei pantaloncini da sport Lotto blu e delle ciabatte nere. Eccolo, Void: nel vederlo Giacomo venne colto da un inaspettato misto di rassicurazione e delusione. Ad ogni modo, quello fu l’unico momento in cui Giacomo riuscì a fare queste considerazioni in quanto Void si trovava in una delle poche parti illuminate della casa, ovvero l’inizio del corridoio principale: l’appartamento, pure quello arredato in maniera molto simile a casa di nonna Giorgia, aveva, sui due lati all’inizio dell’unico corridoio, un grande soggiorno da un lato e una cucina sull’altro, e anche se queste stanze erano ben illuminate apparivano completamente inutilizzate - tolti un paio di cartoni di pizza vuoti lasciati sul tavolo della cucina; poi, man mano che si estendeva il corridoio, l’illuminazione scompariva, vi erano altre due stanze ai lati con le porte chiuse, ed in fondo c’era la camera dove Void “soggiornava”, con le finestre totalmente oscurate e solo una luce da tavolo accesa.
<<Le finestre fanno entrare il caldo, poi la GPU si scalda troppo. E comunque si muore. Se serve accendiamo la luce grande. Puoi metterti sul letto.>> Void era già seduto sulla sua sedia “da ufficio”, girato non verso la scrivania ma verso Giacomo. Sulla scrivania c’erano due grandi monitor accesi affiancati, uno con aperta una finestra di Firefox e l’altro con una finestra tutta nera con delle scritte, più un terzo monitor più piccolo un po’ distante dagli altri. Cioè, se ci si fosse voluti vedere in faccia per bene, allora della “luce grande” ci sarebbe stato anche bisogno, ma se si accettava di voler guardare solo gli schermi, poteva andare bene anche anche così. Il letto era sfatto e Giacomo non voleva mettersi sulle lenzuola, si sedette in pratica sulla spalliera e poggiò lo zaino vicino ai suoi piedi. Si buttò:
<<E insomma, abiti da solo. Mica male!>>
<<Solo d’estate, quando nonna e i miei vanno in vacanza, e io vengo qui. In questi mesi fino a Ottobre ci sono gli esami all'università e qui studio meglio.>> A Giacomo sembrava che Void sorridesse nel parlare ma non poteva esserne sicuro. Detto questo, il buio lo metteva abbastanza a suo agio.
<<Vai all’università? Cosa studi?>>
<<Ingegneria Informatica.>>
<<Figo… Vabbè ma si era capito che eri uno che ne sapeva.>> Questa era una mezza bugia, Void a lui era sembrato un po’ un coglione, almeno all’inizio. <<Ma quanti anni sono?>>
<<La prima laurea sono tre anni.>>
<<E tu da quanto la fai?>>
<<Quasi tre anni.>>
<<Ah, quindi quanto ti manca?>>
Void si girò verso i monitor. <<Circa tre anni. Ti faccio vedere una roba che ti dovrebbe interessare.>> Giacomo rimase un po’ confuso dalle risposte ma la sua attenzione venne subito catalizzata dal computer che, come Void digitò qualche comando su una tastiera che faceva un tic toc toc molto forte, si mise in moto come se fosse un elicottero: tutti i pezzi erano visibili in quanto non c’era nulla a “racchiudere” il PC, Giacomo aveva visto dei case trasparenti in passato ma non aveva mai riflettuto sul fatto che si potesse effettivamente lasciare il computer così, “nudo”, e forse a causa di questa nudità ebbe l’impressione che quel computer fosse un mostro di potenza. Su uno schermo apparve una barra di caricamento e dopo poco un mondo 3D, immobile, mentre sull’altro apparvero tante finestre con infiniti bottoni, scritte, slider, alcune scritte sembravano istruzioni di programmazione, ma c’erano anche tante frecce, diagrammi, cubi in miniatura. Void premette uno dei bottoni e tutto il mondo 3D iniziò a muoversi.
<<Questo è un progetto a cui sto lavorando, da non tanto tempo. È tipo un MOBA ma più action, più arcade, sarà giocabile sia in single player che online, e il mondo è generato in maniera procedurale. Cioè, cambia ad ogni partita. Tutto il mondo eh!>> Il protagonista, una sorta di centauro armato, era controllato da Void, e andava in giro per una foresta ammazzando a spadate e incantesimi dei cavalieri tutti uguali che però si muovevano in autonomia: le animazioni, i movimenti, gli effetti speciali e anche tutto il resto dell’ambientazione 3D sembravano da “gioco vero”, certo magari gli alberi o le colline erano tutte uguali tra loro, insomma non era Call of Duty, ma cazzo, questo era un proprio gioco vero, non un triangolo che ruotava… Ogni tanto Void operava qualcosa nelle finestre sul secondo monitor:
<<Se voglio creare nuovi nemici, per fare delle prove, mi sono fatto questo bottone, poi, decido dove piazzarli, così, poi questa parte mi permette di selezionare l’A I - o I A, intelligenza artificiale, come la chiamano in Italia - tipo così stanno fermi e lanciano le frecce, così scappano, così mi attaccano...>>
E fu così che Giacomo, inconsciamente, forse per la prima volta nella vita, mise da parte la sua stupida testardaggine adolescenziale e ammise a se stesso che non aveva capito nulla, che questo Void non aveva i capelli fino al culo e magari sembrava un pirla in chat ma era forse davvero un cazzo di fenomeno che stava recluso nella casa della nonna in un paesino di merda del nord Italia.
<<Quanto ci hai messo a farlo??>>
<<Direi… Tre settimane scarse. Un sacco di lavoro va nelle cose che non si vedono, ma con questo nuovo tool si va molto veloci, ci ho messo poco a capirne le basi e dopo circa tre settimane sono arrivato qui.>>
<<Senti ma per capire... Cosa si intende esattamente con “tool”?>>
Qui di sicuro Void si mise a ridere: <<Tool… È il termine inglese. È tipo il software che usi per fare il gioco, come dire, l’attrezzo… Però no, non lo puoi tradurre in Italiano, attrezzo fa cagare come parola dai!>> Rise ancora di più. <<Ci sono dei tool che ti aiutano a sviluppare tanti tipi diversi di giochi, 2D, 3D, in prima persona, terza persona, di corse, azione, multiplayer o meno, sono fatti per essere flessibili, poi certo devi imparare come funzionano e come fare le cose, alcuni sono migliori di altri. Questo Creativengine è molto nuovo ma funziona da Dio, in pratica è un tool universale.>>
<<Ah quindi questo si chiama creatìv-engìn?>>
<<Creatìv èngin, crieitiv èngin... Non so bene la pronuncia… Comunque è una bomba. Hanno un sito eh, tipo creativengine punto com, no aspetta era qualcosa di più strano tipo punto io, o punto dev, comunque non importa perché nel sito non c'è nulla, è una pagina singola con zero informazioni, il software è ancora in via di sviluppo e non è disponibile per tutti, neppure a pagamento. Io tra una cosa e l’altra mi interesso di sviluppo da parecchio, conosco della gente, anche all’estero eh! Insomma me l’hanno passato, anche se non dovrebbe girare troppo… Che è il motivo per cui ti ho chiesto se potevi venire, a mandarlo via internet non mi fido. Se lo scoprono forse mi possono fare causa, e questa è gente seria. Qualcosa su internet, se cerchi bene, si trova eh! Tipo documentazione o robe così, ma comunque mi hanno passato anche molti video e tutorial direttamente. Le parti più incredibili sono le funzionalità che vogliono aggiungere in futuro, tipo robe, forse legate al mascin lerning, che permetterebbero a chi fa i giochi di fare cose assurde!>> Mentre parlava, Void non aveva smesso un secondo di muovere il personaggio sparare cambiare codici cliccare bottoni modificare slider cloc clac cloc cloc ad ogni tasto premuto seguiva un rumore fastidiosissimo ma sullo schermo tutto era un sogno; ad un certo punto Void mostrò come cliccando un solo bottone poteva ri-generare tutto. Un. Intero. Mondo. Sempre. Nuovo.
Improvvisamente però, Giacomo si svegliò dal sogno:
<<Senti Void, ma come mai proprio a me lo vorresti passare sto nuovo “attrezzo”??>>
Void smise, per la prima volta, di digitare. <<Ah ok, quindi ti interessa, avevo ragione! Beh, non è che proprio ti ho selezionato, dipende molto da cosa vuoi offrire…>>
Ogni volta che doveva rimproverarsi, la voce che parlava nella sua testa era quella della Giovazzi, e in quel momento la sentiva che diceva “Giacomo, vedi i tuoi occhiali da sole sempre addosso e le scarpe fighettine? Ci puoi pure dare fuoco, perché niente potrà mai nascondere quanto tu sia uno sfigato, talmente sfigato che in tutti sti giorni mai neppure un secondo hai pensato che questo ti voleva, ovviamente, vendere qualcosa, qualcosa che sembra anche figo eh ma sempre di vendere si tratta, e tu neppure sei sicuro di avere dei soldi con te, e anche se li avessi chissà quan”.
<<Vabbè senti, intanto che ci pensi, passami la chiavetta che vediamo lo spazio libero.>> Void interruppe il silenzio mentre accendeva il terzo monitor.
Giacomo aprì le tasche dello zaino, sperando di trovare la chiavetta USB e qualche moneta extra, ne sentì un paio tra le dita - ammettendo si fosse portato, per sbaglio, tutti i soldi che aveva, forse poteva arrivare a, boh, 52 euro? Questo programma era tutto quello che voleva, ma se ci fosse stata qualche fregatura? E Void sarebbe scoppiato a ridere di fronte all’offerta di 50 e rotti euro? Che comunque voleva dire niente CoD in Ottobre... Forse - pensò - è una fortuna che questo Void non accenda la “luce grande”: i sentimenti profondi, come il senso di inadeguatezza che Giacomo provava in quel momento, non possono trasparire sotto la sola, debole luce bluastra emessa dai monitor LCD.
(Come avrai notato, le puntate arrivano _davvero_ ad intervalli irregolarissimi… Per non rischiare di perdere nessun pezzo del sogno ci sono tanti modi, il mio consiglio ovviamente è di NON iscriverti - perché mai seguire la via più facile per risolvere un problema??)
(Anche: i veri amici/amiche linkano “Il Sogno Indie” agli amici/amiche a cui potrebbe piacere)
(E se nel farlo delle amicizie vengono distrutte, commentano!)
Molto bello bravo 👏